13/06/25

L'importante è il fine

"E' meglio che i nostri figli imparino sin da subito che il bene non riceve ricompensa e il male non riceve castigo. E tuttavia bisogna amare il bene e odiare il male. E a questo non è possibile dare nessuna logica spiegazione"

(N. Ginzburg)

Un proposito di ogni religione è dare un perché al dover-agire-bene. Sin dall'alba dei tempi sembra chiaro che agire in modo scaltro ed egoista ti procuri del tornaconto, mentre attenzionare il contesto, i sentimenti di chi ti è vicino, essere gentili, preoccuparsi, provare compassione, sono qualità che per loro stessa natura appesantiscono (e complicano) la vita.

Sto leggendo un libro di Mario Biglino che ne parla. 

Ho scoperto una sfilza di cose sulla religione che mi hanno portata a guardarla con occhi diversi - il Buddhismo, ad esempio, non ha nulla a che fare con quelle cose un po' new age che parlano di vite precedenti, relazioni karmiche, e forse anime gemelle.

Il concetto che nel Buddhismo originale coincide in Occidente è quello del Nirvana - che però non è un luogo post-mortem, come il Paradiso cristiano, ma uno stato di beatitudine da ottenere con disciplina in vita. Per Buddha, il Nirvana è l'affrancamento dal dolore generato dalla bramosia e dall'ignoranza. Il Nirvana, secondo il Buddha, coincide con la semplice sanità mentale, ovvero agire con predominanza di ragione - le emozioni portano a un agire che ci "incarna", in questa vita, in forme animalesche, che rappresentano ciò che Buddha chiama Samsara, una "vita indegna di essere vissuta". Per raggiungere il Nirvana, il Buddha enuncia il concetto dell'Ottuplice sentiero (retto pensare, retto parlare, retto agire...), ovvero una "Via media" caratterizzata dalla temperanza e dal raziocinio. 

L'Ottuplice sentiero è molto simile all'insegnamento di Cristo nelle sue indicazioni. Una persona che pratica il buddhismo perseguendo la Via media ha le doti di amore, anche per i nemici; compassione, mitezza, incondizionata accettazione. 

Buddha fu chiaro, comunque: non c'è nulla oltre l'unica vita che abbiamo. Bisogna essere degni in questa vita, per liberarsi dalle catene del dolore in questa vita, non in fantomatiche vite successive o in fantomatici oltre-tomba.

Gesù e Maometto presero un'altra strada. Il primo parlò del ricongiungimento con il Padre nella "Vita eterna, nell'alto dei cieli". Il secondo propose un'idea di Paradiso oggettivamente "scimmiesca": il buon musulmano, una volta oltrepassata la soglia, ha a disposizione un certo numero di vergini eterne (il loro imene si ricostituisce continuamente) che oltre a servirlo si dedicano a rapporti sessuali con lui. La buona musulmana, d'altronde, se è brutta, nel Paradiso islamico diventa bella, se è vecchia giovanissima. (Una religione che si basa su ottimi presupposti di parità di genere...)

Essere un buon cristiano o musulmano significa praticare il bene, contro la natura dell'essere umani stessa. Non leggerei mai la Bibbia e il Corano, (mi risparmierei tante stupidaggini...) ma il loro intento correttivo sulla natura più bassa degli istinti umani - egoismo, crudeltà, avidità, divisione, guerra, ego - è generalmente comprovato.

La religione insomma si pone a "bussola morale" ponendo a Legge divina un comportamento etico che per tante persone non è affatto scontato. Secoli di cultura (è cultura, prima ancora che religione) cristiana ci hanno programmato mentalmente a sentire maggiore senso di colpa se compiamo il male. La religione non è stata inutile, e dio, che esista o meno, ha avuto un ruolo buono ed importante nella costruzione di una psicologia collettiva votata al bene (mettendo da parte fenomeni, che furono deragliamenti perversi, come le Crociate e l'Inquisizione). Non è importante che siano storie vere o false, ma che abbiano avuto peso.

Nell'ultimo secolo Nietzsche ha enunciato la morte di dio - il che vuol dire: il mondo può andare avanti tranquillamente senza più reggersi sulle basi cristiane, perché il nichilismo, il neoliberismo e il capitalismo le hanno soppiantate -, e i credenti scarseggiano. Li si dileggia in più ambienti come allocchi. In realtà non c'entra nulla l'intelligenza: è una scelta, la fede, che ti mantiene lucido, che ti fa andare avanti.

Quel dio sepolto sotto secoli di dissacrazioni logiche mi manca. A volte vorrei che fosse vivo nel mio cuore per dare un perché a tutta la tragedia e il buio del mondo. Come Edith Stein che conservava la fede nei campi di concentramento; non c'è qualcosa che meglio della religione possa darti la forza di andare avanti. Si prega per avere la forza di affrontare il giorno, non per avere una bella giornata. Dio non è un mago, ma ogni stringa dello sterminato universo. Un'energia che è tutto intorno a noi e dentro di noi. Un'energia che vorrei saper evocare.

12/06/25

Up

Mentre pronunciavo al telefono quelle parole, (fragili, opalescenti fantasmi di progetti, portati in braccio dalla flebilissima speranza di poter vivere normalmente), mi sono sentita il cuore pesante. Pesante. Ma ho continuato a parlare. Come se dovessi qualcosa a qualcuno - all'interlocutrice inaffidabile.

C'è ancora tempo e modo di rinascere dalle ceneri, in un'altra vita, degna. Sto leggendo un libro (in inglese) che si chiama Radical Acceptance. Un passaggio illustra il discorso di una ex-alcolista che nella vita ha deciso di dare un contributo alla causa della lotta all'alcool ottenendo un certo successo. "Come ho fatto?" ripete con un sorriso amaro all'intervistatrice, "Oh, mi sono bevuta la mia vita". 

Toccare il fondo è realmente l'unico modo per risalire.  

10/06/25

Inseguire ciò che fa male

Ieri sera, serataccia, per qualche motivo non avevo molto timore su ciò che sarebbe successo al mio fragile umore l'indomani mattina. 

X non dorme con me, forse da mesi, forse anni. Ieri sera non mi importava, ho notato quanto difficile sia per lui sopportare questa situazione, penso che abbia fatto del suo meglio per andare avanti. La sua strategia consiste nel non pensare ma fare. Fare con la testa vuota di pensieri. E' quello che ho fatto anch'io oggi e che continuerò a fare finché regge un minimo di buon senso. Non ho nessuna intenzione di tornare a dipendere. Dipendere è la cosa più degradante ed umiliante. 

... Dipendere, poi, anche da chi non apprezza? E' una sfumatura della stupidità. E più ancora dell'assenza di amor proprio.

Non sono una brava persona, però mi sveno per gli altri. Non lo farò mai più. Con tutto quello che devo affrontare, è meglio che non mi dedichi più a nessun altro se non a me medesima. C'è poco tempo per chi amo e ancora meno tempo per chi non mi ama. Ancora meno pelle rimasta per un altro ceffone. 

Parlo di autopreservazione, di confini sani, non di chiudersi a riccio come dei bambini. 

Ho voglia di scriverlo sui muri. Scrivilo sui muri e sui musi ridenti degli ebeti. Scrivi un bel "vaffanculo". E gira pagina. 

09/06/25

L'ennesimo film sul solito argomento

Ho avuto un crollo nervoso al cinema. Mal di testa, nausea, nodo alla gola... rigetto. Il film proiettato sullo schermo è stata una tortura durata 2 ore e 3 minuti: Le assaggiatrici di un regista svizzero, l'ennesima agrodolce serenata sulla seconda guerra mondiale. La trama ruota attorno alle assaggiatrici ufficiali del cibo di Hitler. Varie cose mi disgustavano, la presenza stessa di un ennesimo film sulla seconda guerra mondiale (e anche sugli ebrei) in un periodo storico del genere in primis. La retorica vergognosamente maschilista che ammantava come un vapore rosato tutto il lungometraggio non aiutava. Né aiutava essere da ore in astinenza da nicotina. "Mi sale il nazismo". Mi sono sentita nazista lungo tutta la proiezione. Satana, forse, mi prendeva gli angoli della bocca e mi storceva il viso in una maschera di disgusto insofferente e perenne. In particolare di fronte ad una delle assaggiatrici che sarebbe l'anima del film - anche se non è la protagonista -, perchè ebrea. 

Siamo stanchi, tutti. Non possiamo più commoverci per la seconda guerra mondiale e i campi di sterminio nazisti. Comincia a puzzare di propaganda creata ad hoc. Ci trapanano il cervello da ottant'anni con film, documentari, romanzi, saggi, serie, ecc. sui poveri ebrei che alla fine tanto poveri non sono.

Ero davvero esausta a fine proiezione. Forse che il mio cuore è con i bambini che urlano e piangono, o giacciono a terra come stracci, defunti, seppelliti dai calcinacci e dalla terra, in Palestina.